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Fontane di Sardegna



Un progetto di ricerca  per la salvaguardia delle architetture dell’acqua.

di Marta Satta,  28 maggio 2021

Racconti d’acqua, luoghi e comunità.

Possiamo considerare le fontane, e tutte le architetture legate all’acqua, come l’origine dell’arcaico rapporto tra acqua, vita e umanità. Strutture realizzate con tecniche sapienti, che hanno saputo piegare l’indomita forza dell’acqua per metterla a disposizione di piccole e grandi comunità. 


Scovare questi antichi luoghi e ridare loro nuova luce dal punto di vista storico, culturale e naturalmente architettonico, è l’azione alla base del pluriennale progetto di ricerca coordinato e portato avanti dal Prof. Marco Cadinu, docente del dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Architettura dell’Università di Cagliari.

Tracciare una mappa di questi spazi, simbolo del rapporto acqua-uomo, è solo il primo passo di una ricerca che persegue diversi obiettivi: quello principale è capire in che modo queste architetture dell’acqua comunicano con le comunità di appartenenza e come si è trasformata la loro funzione, da luoghi  privilegiati per l’incontro e la convivialità a luoghi spesso dimenticati o, al contrario, trasformati in contenitori culturali e artistici altamente valorizzati.

Il progetto nasce nel 2010 e in tutti questi anni, tramite una capillare ricerca archivistica e sul campo, ha permesso di censire in tutta l’isola ben oltre 450 architetture legate all’acqua, situate in più di 160 comuni della Sardegna. La ricerca ha dato vita a numerosi risultati concreti che dimostrano la sua importanza ed efficacia: un congresso e una mostra, diverse pubblicazioni, un documentario on the road (Funtaneris, sulle strade dell’acqua, regia di Massimo Gasole) in cui ci si sofferma sulle architetture più significative della regione, un sito internet e un’app in cui è possibile segnalare le fontane non ancora censite.

Il lavoro ha messo in luce una moltitudine di stili ed epoche differenti, che vanno dal Medioevo al Novecento, con un picco di costruzioni datate verso la fine dell’Ottocento: è in questo secolo, infatti, che si diffonde una nuova concezione di igiene e l’uso dell’acqua diviene di fondamentale importanza. Ciò che la ricerca ha messo più in evidenza è la differenza tra le varie modalità di valorizzazione e conservazione messe in atto dalle amministrazioni locali.

Come esempi di riqualificazione illustre si possono senza dubbio citare il lavatoi di Ulassai e di Orani; da tempo inutilizzati e abbandonati, hanno riacquistato il loro antico valore grazie al progetto di riconversione che ha portato alla creazione del museo Stazione dell’Arte a Ulassai, dedicato all’artista Maria Lai e del Museo Nivola di Orani, dedicato all’artista Costantino Nivola. Persa la loro funzione originaria i lavatoi continuano tuttavia a essere luogo di incontro come un tempo: in passato si riunivano le donne del paese per lavare i propri panni, oggi è l’arte che porta avanti quel momento di convivialità e condivisione. 



Nonostante la riconversione, entrambi i musei conservano ancora un forte rapporto con l’acqua. All’interno del lavatoio di Ulassai  troviamo la Fontana Sonora, in cui le melodie dell’acqua sono le protagoniste dell’opera ideata da Costantino Nivola proprio per ricreare il canto delle donne che in passato abitavano quel luogo. L’intera struttura del Museo Nivola, invece, è pensata in modo da valorizzare la sorgente idrica che si trova all’interno dello spazio museale e in cui ancora oggi si riforniscono molti degli abitanti di Orani. Questo permette ai visitatori del museo di entrare in contatto e tessere delle relazioni con la comunità.

Purtroppo non tutte le amministrazioni locali hanno saputo conservare un rapporto esemplare con queste architetture minori: le fontane e i lavatoi non solo hanno perso la loro funzione  principale, molto spesso a causa dell’impossibilità di certificare la potabilità dell’acqua, ma son state relegate ai margini di costruzioni di dubbio gusto, quali parcheggi, rotonde, perdendo di vista l’importanza storica e culturale di questi monumenti.


Il progetto di ricerca ha anche tra i suoi obiettivi quello di offrire delle linee guida alle istituzioni, associazioni ed enti, che vorrebbero intraprendere un progetto di recupero: preziose istruzioni finalizzate ad un riutilizzo dei manufatti nel rispetto della loro storia e tradizione, all’insegna della riscoperta di quella vita comunitaria che caratterizzava il rapporto tra fontana e popolazione.

Come sottolineato dalla ricerca, l’azione di tutela non deve solo esaltare il valore estetico e monumentale dei manufatti, quanto mettere in evidenza la loro funzione sociale e culturale.

Attraverso il racconto storico, è doveroso ripercorrere il ruolo che ciascuna costruzione aveva nel contesto urbano del paesaggio.


Seguendo questo percorso preciso di salvaguardia, le fontane e lavatoi, oltre a ritornare centro di socializzazione e di attrazione del paese, possono rappresentare anche un’opportunità di sviluppo turistico. 

Dall’appassionante percorso di ricerca e dalle parole del Prof. Cadinu, riscopriamo dunque l’acqua come “luogo di poesia e di sentimento, dove ritornare e ricordare”; riflessione sicuramente utile per recuperare il giusto rapporto tra paesaggio, architettura e acqua. 


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